Su “Doso la polvere” di Anna Toscano

gennaio 22, 2013 § 2 commenti

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E’  la misura il leitmotiv sotterraneo di questa raccolta di Anna  Toscano, che sin dal titolo (“Doso la polvere”, La Vita Felice, 2012) esibisce l’aspirazione a un ordine, a un equilibrio a fronte di un innominato ma non  rimosso caos. I testi  di apertura e di conclusione del libro, del resto, sono fitti di numerazioni,  date, orari, nel tentativo di fissare un’impermanenza  occulta  e tuttavia  presente all’autrice, che si palesa nelle poesie di elaborazione di lutti che restano profondi affetti familiari. Come giustamente notato dalla Carpi nella prefazione, si rincorrono nella raccolta i “passi”  (passi lunghi cauti orizzontaliMacino passi macino pensieri),  primo strumento utilizzato dagli agrimensori per ritagliare una forma e un senso allo spazio quotidiano, affollato dall’autrice di oggetti  (Le borse,le scarpe, i libri, l’inchiostro; maglie maglioni  giacche gonne)  a testimoniare  memoria e progetti. La scansione quasi diaristica del libro non diventa mai lirismo privato, avendo la Toscano uno sguardo – da fotografa qual è –  capace di trasformare gli epifenomeni quotidiani in segnali di condivisione anche  “empatica” (perché i dettagli sono empatici,/aprono mondi). A livello formale il tono prescelto è quello di una voce piana, lineare, anche se le anafore e le elencazioni segnano una tensione al climax che spesso si risolve in elegante ironia, come nel ricorso per alcuni testi alla definizione di “cover”, che riguarda non solo  flash di viaggi ma anche eventi dolorosi , dal terremoto alla depressione. Ne deriva un libro  mai sopra le righe, che della “misura”, appunto, fa rifugio ed etica.

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QUI, DOVE VIVO

In queste due dozzine di anni

ho calpestato queste migliaia di pietre,

 

a due piedi

a quattro piedi

a decine di piedi,

 

ho baciato sotto quell’unico lampione

cinque bocche

venti bocche

quante bocche,

 

ho dormito in questo letto

con quante persone

tante persone,

 

i sogni

li ho infranti tutti

con una lancia sola.

 

INCROCIO

 

Incrocio le date

i mesi gli anni i secoli

guardando immagini sbiadite

cornici grattate dal tempo

parti di numeri assenti.

 

Voi però ci siete tutti,

uno sull’altro

uno accanto all’altro

sotto un marmo chiaro

una croce un vaso un fiore.

 

Voi ci siete tutti,

io per gioco faccio l’appello

mi rispondete

uno dopo l’altro.

 

Voi, le mie radici.

 

 

LA PUNTEGGIATURA

 

Ho cercato nella punteggiatura

la virgola di sfogo,

per avanzare un pensiero

senza chiudere il precedente.

 

Ho guardato imbarazzata

I due punti e le loro posizioni:

mai decisivi e mai inutili

nel togliere e nel dare.

 

Ho sostato a lungo

dopo il punto e virgola;

sentendomi in continuità

con passato e futuro.

 

Mi sono crogiolata molto

tra parentesi (mie o di altri)

senza scansione del tempo

che non  fosse interna.

 

Non avevo capito che è il punto

-come dicono anche i manuali di scrittura-

che rende possibile l respiro.

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